Covid-19, la montagna bolognese solo sfiorata dai contagi

Articolo di Filippo Batisti

E’ ciò che emerge, dopo due mesi, dai dati raccolti giornalmente dall’AUSL di Bologna

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Numeri, cifre, grafici. La pandemia del nuovo coronavirus viene rappresentata con un flusso di numeri e dati inedito. Giorno dopo giorno, le cifre del contagio sono il termometro su cui si regolano le speranze e le paure di un Paese intero. Trascorso ormai poco più di un mese dall’inizio della fase critica in Italia, con l’esplosione tra fine febbraio e primi di marzo dei primi focolai e la successiva diffusione a macchia d’olio in Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, possiamo dire, numeri alla mano, che la montagna bolognese  è quella meno colpita dai  contagi, che raggiungono le punte massime a Bologna e nell’hinterland. Alla data del 21 aprile risultavano infatti, nell’intero Distretto sanitario Appennino Bolognese, appena 73 persone positive, su un totale di 3514 dell’intera Città Metropolitana. Su un totale di 390 persone decedute (191 solo a Bologna città), appena 1 risultava alla stessa data residente nel distretto Appennino Bolognese, 41 nel distretto San Lazzaro (che comprende anche Ozzano, Monterenzio, Loiano e Monghidoro), 46 nel distretto Reno Lavino Samoggia. Vediamo allora di capire perché l’Appennino bolognese ha numeri così bassi, esaminando le ipotesi in campo.

Qualità dell’aria

Uno studio delle Università di Bologna e Bari aveva indicato una correlazione tra l’incidenza dei contagi di Covid-19 e i livelli di inquinamento atmosferico, prendendo i casi della Cina (dove questa correlazione era già stata notata per altri virus) e della Pianura Padana, che comprende i focolai delle tre regioni più colpita in Italia: Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Tesi dello studio è che il particolato atmosferico funzionerebbe da “trasporto” per il virus, che fisicamente si “attacca” a queste particelle sospese in aria e, così, arriva ad infettare gli esseri umani che lo respirano.

Un’altra società scientifica, la SIA, ha controbattuto sostenendo che dare come certo questo legame causale (più inquinamento uguale più facilità di contagio) è del tutto prematuro. Si tratta di un’ipotesi da verificare rigorosamente. Comunque, i dati sulla qualità dell’aria tra Appennino e zone di pianura, incluso il centro città, non lasciano molti dubbi: in ogni caso è vero che la qualità dell’aria rilevata dall’unica stazione appenninica, a Castelluccio di Porretta, danno sempre risultati migliori quanto a presenza di inquinanti.

Modelli di vita

Si sta dibattendo assai sul fatto che la Svezia sia uno dei pochi Paesi al mondo a non aver preso misure obbligatorie di distanziamento sociale. Tale scelta sarebbe basata sul fatto che, per motivi culturali, tantissime persone vivono isolate ed hanno in media pochi contatti ravvicinati. Qualcosa di simile vale nella nostra montagna, dove la densità abitativa è di gran lunga inferiore a quella del capoluogo metropolitano o anche dell’hinterland, che sono le zone più colpite finora.

Può invece il buon cibo montanaro essere un fattore? Il Ministero della Salute non lascia dubbi in proposito: no. “Non esistono diete miracolose contro le infezioni virali” si legge, ma “sicuramente seguire uno stile di vita alimentare corretto aiuta a facilitare il processo di guarigione”.

Molto, molto di più può aver contribuito l’esercizio di una virtù alla quale siamo stati richiamati in tempi di contagio: l’obbedienza, con riferimento alle norme di distanziamento sociale impartite per impedire al virus di diffondersi. Anche il numero di verbali elevati ai trasgressori risulta essere assai contenuto nelle zone appenniniche, in linea col ridottissimo numero di contagi, di ricoveri e di quarantene domiciliari.

Il sistema sociosanitario

Nonostante i lunghi dibattiti sulla riorganizzazione ospedaliera soprattutto per quanto riguarda la struttura di Vergato – ad oggi scelta, non senza una vena macabra, come “Covid-resort” – non si può escludere che il sistema abbia, semplicemente, retto di più. Medici di base più facilmente contattabili, pronto isolamento dei sospetti contagiati, gestione più efficiente di un distretto meno denso di altri.

Qualsiasi siano le cause di questa differenza (che si nota anche nei numeri della provincia di Modena, dove la bassa e la città hanno molti più contagi della zona appenninica), la montagna non deve pensare di allentare la morsa prima del tempo, pena il vanificarsi del buon risultato ottenuto finora.

 

 

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