Domenica 20 settembre dalle 7 alle 23 e lunedì 21 settembre dalle 7 alle 15 si andrà a votare per il referendum costituzionale sul taglio del numero dei parlamentari che compongono Camera e Senato. Con il Sì, si sostiene il taglio; con il No, si vota per mantenere lo status quo. Abbiamo intervistato Valerio Vignoli, politologo bolognese della Statale di Milano.
Davvero sarà una sconfitta per la “casta” se vince il Sì? No. Intanto, l’idea stessa di ‘casta’ è sempre stata ed è tuttora vaga, ed è servita solo ad alimentare le spinte antipolitiche. Ci si può anche chiedere se una ‘casta’ esista veramente, per risponderci che, se esiste, lo fa in termini di una classe dirigente che vive ‘di politica’ – e allora è sempre esistita. Se però ci riferiamo a quella che Gianfranco Pasquino ha chiamato ‘partitocrazia’, allora l’impatto di una vittoria del Sì non sarà così forte rispetto alla selezione dei candidati da parte dei partiti.
Come mai? Se prendiamo ad esempio gli altri paesi europei, vediamo che anche là, al netto di tutte le differenze di ordinamento e cultura politica, sono sempre stati – e sono tuttora – i partiti a selezionare la classe dirigente da sottoporre al voto. E d’altronde, chi altri dovrebbe mai farlo? Certo, sul criterio e sul metro di selezioni si può sempre discutere, ma questi sono affari interni di ciascun partito che non interferiscono col numero di persone da candidare. Se i partiti sono poco trasparenti o personalistici, è responsabilità di chi ne fa parte, non dell’ordinamento.
Ridurre gli eletti comporterebbe in ogni caso un risparmio di danaro. Io sono dell’opinione che una democrazia costa e, in un certo senso, debba costare […]
– Se vince il Sì e i parlamentari diminuiscono, ci sarà un deficit di rappresentanza degli elettori?
– Ma gli italiani sono sufficientemente consapevoli di ciò che comporta l’esito di questo voto?
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